Piazza Calderini 1 - 40124 Bologna
info@aplusnet.it

La resilienza delle imprese nella transizione 5.0

In preparazione del IV approfondimento del ciclo di incontri 2024 programmato sul tema della Sostenibilità per venerdì 25 ottobre p.v., Nicolò Pascale Guidotti Magnani e Marco Bandiera, associati di A+network, hanno raccolto da WEB alcuni spunti utili ad aprire il confronto.

Il terzo pilastro della Transizione 5.0, oltre alla sostenibilità e alla centralità dell’uomo, è la resilienza. Ma cosa significa resilienza?

Nella tecnologia dei materiali la resilienza è la resistenza a rottura dinamica, cioè la resistenza a un urto. In psicologia è la capacità di reagire a traumi e difficoltà, recuperando l’equilibrio psicologico. Recentemente il Decreto Legislativo 4 settembre 2024 n. 134, relativo alla resilienza dei soggetti critici, ha definito la resilienza come la capacità di un soggetto di prevenire, attenuare, assorbire un incidente (cioè un evento di carattere fisico che perturba o può perturbare in modo significativo la fornitura di un servizio), di proteggersi da esso, di rispondervi, di resistervi, di adattarvisi e di ripristinare le proprie capacità operative.

In ambito industriale potremmo dire che la resilienza è la capacità di un’organizzazione di reagire e adattarsi a situazioni che cambiano repentinamente: ce lo ha insegnato la recente pandemia di CoViD-19 che ha portato, ad esempio, a una quasi impossibilità di reperire materie prime e semilavorati, costringendo le aziende a inventarsi rapidamente soluzioni alternative, ove possibile.

In un mondo sempre più soggetto a cambiamenti rapidi, la resilienza non è solo un vantaggio competitivo, ma una necessità vitale per le imprese.

La Transizione 5.0, promossa dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), ha proprio lo scopo di rafforzare questa capacità di resistenza e adattamento nel tessuto industriale, mettendo l’accento su tecnologie avanzate per creare un’industria più flessibile e capace di fronteggiare crisi economiche, ambientali e sociali. Le tecnologie 5.0 – tra cui Intelligenza Artificiale (AI), Internet delle Cose (IoT), blockchain e robotica avanzata – sono gli strumenti chiave per supportare le aziende in questa trasformazione, aiutandole a diventare più resilienti e sostenibili.

La resilienza nella Transizione 5.0 si riferisce alla capacità delle imprese e delle società di affrontare imprevisti, garantendo continuità operativa e adattandosi velocemente a nuove condizioni. L’utilizzo di tecnologie come AI e machine learning consente alle imprese di analizzare grandi quantità di dati e prevedere scenari di crisi, migliorando così le loro risposte. Allo stesso tempo, l’IoT permette un monitoraggio in tempo reale dei processi produttivi e una manutenzione predittiva, evitando interruzioni non programmate e abbassando i costi di gestione​.

Anche la blockchain è uno strumento importante, migliorando la trasparenza e la tracciabilità nelle catene di fornitura, garantendo la sicurezza dei dati e riducendo i rischi di frode. La robotica avanzata, invece, aumenta la flessibilità operativa delle aziende, con robot che possono essere adattati rapidamente per rispondere a nuove esigenze di produzione. I robot collaborativi, o “cobot”, lavorano fianco a fianco con gli operatori umani, aumentando la produttività e riducendo il rischio di incidenti. Infine, la stampa 3D facilita la produzione su richiesta e consente una maggiore personalizzazione dei prodotti, riducendo la dipendenza dalle catene di approvvigionamento internazionali.

Le tecnologie 5.0 offrono vantaggi concreti in vari settori, come ad esempio nella produzione industriale, dove la manutenzione predittiva riduce i tempi morti e migliora l’efficienza complessiva, oppure nell’agricoltura, con droni e sensori IoT che monitorano le condizioni del suolo e delle colture, permettendo un uso ottimale delle risorse, nel settore sanitario, dove l’AI contribuisce a migliorare diagnosi e trattamenti, garantendo continuità di cura anche in situazioni di crisi, o anche nella logistica, dove l’impiego della blockchain assicura una gestione sicura e tracciabile delle catene di fornitura, riducendo le interruzioni​.

Ma la resilienza implica adattamenti anche a livello di organizzazione, per esempio attraverso la gestione di passaggi generazionali o di avvicendamenti in posizioni chiave: anche in questi casi, le aziende devono essere in grado di rispondere velocemente per affrontare al meglio le nuove sfide.

Nella fase di trasformazione in atto, che tutte le aziende si trovano a dovere affrontare, la “democratizzazione” della tecnologia rende facilmente accessibili strumenti avanzati anche alle PMI. Questo è decisivo anche per il tema della resilienza, perché, come abbiamo visto, sono proprio queste tecnologie a rendere possibili in modo più agile gli adattamenti necessari a una azienda per fare fronte ai cambiamenti.

L’industria del futuro deve essere attrezzata per adattarsi rapidamente alle mutevoli circostanze, affinché le catene del valore chiave possano garantire il suo ruolo di motore sostenibile per la prosperità.

La resilienza è resa possibile o potenziata dall’adozione di tecnologie integrate, che permettono una visione olistica dell’impresa. La misura degli impatti energetici, la raccolta e analisi dei dati, l’accesso al cloud e l’adozione di strumenti di intelligenza artificiale sono tutti elementi importanti per una strategia di resilienza efficace, che devono innestarsi in un contesto aziendale aperto all’innovazione, orientato alla ricerca e dotato di visione di lungo termine.

Innovazione significa dunque ricerca continua, non solo per migliorare i processi e i prodotti, ma anche per rispondere rapidamente ai cambiamenti del mercato. La struttura familiare di tante aziende italiane, in particolare fra le PMI, è peraltro d’aiuto al tema della resilienza, favorendo la possibilità di prendere decisioni in tempi rapidi e di adattarsi più velocemente di aziende con strutture più complesse.

Ma la resilienza non riguarda solamente le tecnologie: è invece fondamentale soffermarsi anche sull’aspetto culturale. È necessario che le aziende approccino con mentalità aperta e con disponibilità i temi dell’innovazione, con una forma mentis pronta a cogliere le dinamiche della contemporaneità e rispondere alle nuove sfide del mercato, tenendo però in prima considerazione la persona.

Padre Paolo Benanti – già ospite negli eventi di fine anno di A+FORUM – docente alla Pontificia Università Gregoriana di Roma, esperto di bioetica e membro del New Artificial Intelligence Advisory Board dell’ONU, sottolinea l’importanza cruciale dell’educazione per affrontare le sfide dell’AI. Il vero cambiamento portato dall’intelligenza artificiale non è solo tecnologico, ma anche sociale: l’educazione rappresenta la prima e più importante forma di difesa cibernetica per evitare che queste tecnologie creino disuguaglianze ancora più profonde. Al giorno d’oggi, infatti, “oltre il 75% della popolazione mondiale utilizza dispositivi digitali programmabili, ma solo una piccolissima parte della popolazione – circa lo 0,35% – è in grado di grado di programmare queste macchine. Significa che il 99,65% dell’umanità è analfabeta: se noi diamo questo potere allo 0,35% dell’umanità stiamo creando una diseguaglianza enorme, con una piccolissima frazione di persone, che sono i nuovi sacerdoti di questa nuova capacità di far accadere le cose, ed escludendo tutti gli altri”, col rischio di creare una nuova classe di “sacerdoti digitali”, in grado di manipolare e controllare le tecnologie che regolano la nostra vita quotidiana, escludendo la maggior parte delle persone da questo processo. L’intelligenza artificiale, che sta ormai diventando parte integrante della nostra vita, richiede una riflessione profonda su come possiamo garantire un accesso equo e democratico alle sue potenzialità. Solo attraverso l’educazione e la trasmissione intergenerazionale di competenze sarà possibile affrontare le sfide poste da queste tecnologie in modo etico

La resilienza, quindi, non riguarda solo la capacità delle imprese di rispondere rapidamente alle crisi, ma si estende anche al piano umano e sociale. È necessario educare le nuove generazioni, affinché siano in grado di gestire queste tecnologie con consapevolezza e responsabilità, evitando il rischio di una crescente disuguaglianza. La vera resilienza, in questo senso, non consiste solo nel saper adattarsi ai cambiamenti, ma anche nel garantire che tali cambiamenti siano gestiti in modo equo, inclusivo e sostenibile per tutte le generazioni. Siamo noi, come società, chiamati a costruire barriere etiche attorno all’intelligenza artificiale e alle tecnologie emergenti, per garantire un futuro in cui queste innovazioni possono servire davvero il bene comune, anziché creare nuove forme di esclusione Il focus primario della strategia 5.0 non sarà più la crescita, il profitto e l’efficienza, ma la creazione di organizzazioni che siano “anti fragili”, ovvero che siano in grado di anticipare, reagire e imparare in modo tempestivo e sistematico da qualsiasi crisi e quindi garantire prestazioni stabili e sostenibili. La resilienza si riferisce alla necessità di sviluppare maggiore robustezza nella produzione industriale, preparandola meglio contro le interruzioni. Si tratta di essere in grado di affrontare l’incertezza e il cambiamento ed evitare la fragilità del nostro attuale approccio alla produzione globalizzata, che dovrebbe essere bilanciato sviluppando catene di valore strategiche resilienti, capacità di produzione adattabile e processi aziendali flessibili.